Numero del 27 marzo

I consigli di lettura

  • Più intimi di un messaggio scritto e meno urgenti di una chiamata. Il New York Times solleva alcuni quesiti sui messaggi vocali, come ad esempio: saremmo capaci di ascoltare un amico parlare al telefono ininterrottamente per sette minuti? Nel pezzo Elaine Swann, esperta di etichetta, spiega che i memo vocali non dovrebbero essere usati per inviare lunghi monologhi, ma solo nei casi in cui “il tono è necessario, ma la conversazione no”.
  • Reti come iHeartMedia, Spotify e PodcastOne hanno annunciato pubblicamente il debutto delle traduzioni audio generate dall’intelligenza artificiale, ma ancora poche hanno visto la luce. Ne parla un articolo di Digiday: fra gli ostacoli legati alle traduzioni con AI ci sono le espressioni colloquiali e le sfumature culturali.
  • Michele Boreggi, sound designer di Sangue Loro, ultimo lavoro di Pablo Trincia con Luca Lancise, racconta su Questioni d’Orecchio il processo creativo dietro alle musiche e al sound design del podcast.
  • Tom Webster su Sounds Profitable riassume il suo pensiero riguardo all’opportunità di integrare radio, podcasting e musica, che potrebbe far crescere enormemente il pubblico degli ascoltatori.
  • Una riflessione di Jonathan Zenti sulla pausa a tempo indeterminato alla quale sta per andare incontro Muschio Selvaggio e sul perché la sua nuova identità non ha mai davvero funzionato.
  • Durante l’Hot Pod Summit di Brooklyn, in un workshop su video e podcast al quale hanno partecipato rappresentanti di iHeart, Ted, Vox, Audacy, Signal Hill Insights, oltre a vari produttori indipendenti, è emerso che il pubblico dei podcast su YouTube cresce lentamente: una situazione frustante per i podcaster a fronte di notevoli investimenti. Nel pezzo, a firma di Steve Goldstein, Founder/CEO di Amplifi Media, una serie di consigli per i podcaster su come pianificare strategicamente il consumo del pubblico su YouTube.
  • Su The Guardian Sam Wolfson ripercorre alcune tappe della storia del podcast (proprio su The Guardian Ben Hammersley 20 anni fa coniava il termine podcasting) e riflette sul formato delle lunghe interviste fra celebrità: un’opportunità o un danno per il settore?

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