Numero del 15 febbraio

1) Per Spotify finisce un’era, quella dei podcast in esclusiva

The Joe Rogan Experience e Call Her Daddy, ossia gli ultimi due podcast che si potevano ascoltare soltanto sulla piattaforma svedese1, ora sono disponibili su tutte le app di podcasting. La strategia della società, che continua a essere la titolare dei due podcast, è quella di raggiungere il più alto numero possibile di ascoltatrici e ascoltatori e guadagnare così più soldi dalla pubblicità.

Per quanto riguarda Call Her Daddy, dell’imprenditrice statunitense 29enne Alex Cooper, Spotify continuerà però ad avere l’esclusiva sulla versione video, anche per evitare che se l’aggiudichi la sua principale rivale, YouTube. Call Her Daddy infatti ha avuto un particolare successo nell’utilizzo di videoclip per rendere virali le interviste di Cooper a celebrità varie.

Il nuovo accordo pluriennale tra Spotify e l’ex comico e commentatore televisivo statunitense, Joe Rogan, prevede invece una garanzia minima iniziale e una condivisione dei ricavi sulla base delle vendite pubblicitarie. In questo caso Spotify non manterrà l’esclusiva nemmeno sulla versione video.

Mentre il precedente accordo, della durata di tre anni, aveva un valore di circa 200 milioni di dollari, secondo il Wall Street Journal questo arriva addirittura a 250 milioni di dollari.

💡 JRE ha registrato un +45% delle entrate nel 2023 e gli ospiti di Rogan, spesso a loro volta podcaster, hanno registrato in media un +47% dell’engagement dei propri podcast dopo la loro apparizione su JRE 💡

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Tutto ciò avviene dopo un 2023 in cui Spotify ha licenziato 2300 persone, tra le quali almeno 200 nel settore dei podcast, e fuso in un’unica entità ribattezzata Spotify Studios i due rinomati studi di produzione che aveva comprato per centinaia di milioni di dollari nel 2019, ossia Gimlet Media e Parcast (ne avevo scritto qui). Secondo i sindacati dei due studi, è stata proprio la decisione di puntare sulle esclusive a fare perdere moltissimi ascoltatori ai podcast di Gimlet e Parcast.

(Proprio in questo periodo i sindacati degli studi di produzione di Spotify – The Ringer incluso – stanno negoziando i nuovi contratti e le buonuscite per le persone licenziate.)

Daniel Ek ha parlato della fine del modello dei podcast in esclusiva nella call con gli investitori per raccontare i risultati di Spotify nel quarto trimestre finanziario 2023:

«Abbiamo imparato che gli accordi di esclusiva non erano allineati con ciò che il creator voleva, […] un pubblico più ampio. Con questi nuovi accordi, […] siamo ugualmente incentivati a far crescere il nostro pubblico. E naturalmente anche a far crescere i ricavi, perché condividiamo i vantaggi».

(A proposito di creator, Spotify ha fatto sapere che sta sostituendo i propri strumenti di editing audio con quelli di Riverside.)

Ek ha anche annunciato che nel 2023 la società ha quasi raggiunto il pareggio in ambito podcast, e che l’obiettivo per il 2024 è la redditività. Intanto sta spingendo parecchio anche sugli audiolibri.
D’altro canto Spotify continua a operare in perdita (anche se in misura minore rispetto alle previsioni) e Ek ha dichiarato che l’azienda è ancora alla ricerca di “efficienze”.

Tuttavia è indubbio che Spotify ha registrato numeri molto buoni:

  • +23% utenti attivi mensili anno su anno
  • +15% abbonati paganti
  • +16% entrate complessive

Gli investitori sono entusiasti, e la Borsa anche.

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Intanto SiriusXM, colosso dell’audio statunitense, ha annunciato un accordo triennale con SmartLess Media e i suoi tre fondatori – gli attori Will Arnett, Jason Beitman e Sean Heis. L’accordo, che vale oltre 100 milioni di dollari e partirà la prossima estate, comprende l’esclusiva sulla pubblicità e sulla distribuzione e la creazione di contenuti ed eventi per il loro popolare podcast di interviste, SmartLess, e per altri podcast prodotti dalla società. Al momento il trio è sotto l’egida di Amazon, con cui nel 2021 ha siglato un accordo da 80 milioni di dollari.

La Duchessa di Sussex, alias Meghan Markle, ha invece firmato un contratto per realizzare un podcast con Lemonada Media, che distribuirà anche la sua precedente serie Spotify, Archetypes, su tutte le piattaforme podcast.

Mentre Brené Brown, prof di Sociologia nota per i suoi studi sulla vulnerabilità, ha stretto un accordo con Vox Media per la distribuzione e le vendite pubblicitarie dei suoi due podcast. Tra il 2021 e il 2022 la famosa docente ha realizzato i podcast Unlocking Us e Dare to Lead come esclusive Spotify.

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Ultima nota su Spotify, per il momento: Semafor riporta che il team di Trevor Noah vorrebbe rinegoziare o modificare il contratto del comico con Spotify a soli sei mesi di distanza dal suo annuncio al festival di Cannes. Ciò potrebbe comportare la rinuncia alla cosiddetta “garanzia minima”. Il problema sembra essere che mentre Noah vorrebbe coinvolgere come ospiti anche personaggi di attualità non famosissimi, i dirigenti di Spotify preferiscono che si concentri sui vip.

2) Le trascrizioni arrivano anche su Apple Podcasts

Dopo Spotify, a breve anche su Apple i podcast potranno essere accompagnati dalle relative trascrizioni. La novità verrà introdotta a marzo con il rilascio ufficiale della nuova versione di iOS, il sistema operativo di Apple. Le trascrizioni saranno realizzate attraverso l’intelligenza artificiale e si potranno vedere in tutti gli oltre 170 Paesi dove è presente Apple Podcasts. Ma in una prima fase saranno disponibili solo per quattro lingue, ossia inglese, spagnolo, francese e tedesco.

Il sistema di trascrizione funziona così: ogni volta che viene pubblicato un nuovo episodio di un podcast, nel giro di 24 ore l’app genererà e pubblicherà automaticamente il testo. A condizione però che l’audio sia di qualità e che rispetti i requisiti di Apple. Sarà anche possibile scaricare la trascrizione e ricaricarla con eventuali modifiche oppure, in alternativa, caricare la propria trascrizione senza usare quella generata automaticamente da Apple Podcast. Ascoltatrici ascoltatori vedranno le trascrizioni selezionando l’opzione dedicata e potranno cliccare su specifici segmenti di testo per passare alla corrispettiva parte audio.

Nell’estate del 2021 Spotify aveva già introdotto le trascrizioni dei suoi podcast originali in esclusiva e lo scorso autunno ha messo a disposizione di tutti i podcast una funzione che genera in automatico trascrizioni in tempo reale. Nel caso di Spotify non si può modificare la trascrizione e non se ne può caricare una propria.

Nell’autunno del 2022 la società italiana Musixmatch, ossia il più grande fornitore di testi di canzoni, ha creato una piattaforma dove raccogliere trascrizioni dei podcast, generate attraverso un sodalizio tra l’intelligenza artificiale e volontari in carne e ossa. Successivamente Spreaker ha fatto un accordo con Musixmatch per poter inserire le sue trascrizioni nella propria app. E di app di podcasting che danno la possibilità di aggiungere le trascrizioni ce ne sono molte altre.

La questione delle trascrizioni potrebbe sembrare di poco conto, invece è molto importante. Le trascrizioni sono utili per l’indicizzazione sui motori di ricerca, per facilitare la scoperta dei relativi podcast, per categorizzarli meglio, per far sì che gli eventuali annunci pubblicitari inseriti al loro interno siano il più possibile coerenti con il contenuto, per permettere a chi non capisce bene la lingua di seguire il discorso.

E, soprattutto, le trascrizioni sono fondamentali per dare la possibilità di conoscere il contenuto del podcast anche alle persone sorde o con disabilità uditive. Pensa che negli Stati Uniti SiriusXM, una delle più importanti aziende audio del Paese, è in causa da tre anni con l’Associazione Nazionale dei Sordi per non avere incluso le trascrizioni nella sua app di podcasting. L’accessibilità, e quindi l’inclusività, sono cose serie.

3) La battaglia contro i deepfake audio

Molto probabilmente almeno una volta vi sarà capitato di rispondere a una telefonata da un numero sconosciuto per poi sentire una voce metallica che provava a vendervi qualcosa. Sono le cosiddette robocall o chiamate spam. Spesso sono abbastanza innocue, ma capita anche che diventino il veicolo di truffe.

Qualche settimana fa nel New Hampshire, sulla costa est degli Stati Uniti, delle robocall sono state usate per provare a sopprimere il voto di un numero imprecisato di cittadini alle elezioni primarie del partito repubblicano per scegliere il candidato alla presidenza USA. Svariate persone si sono sentite dire al telefono da una voce identica a quella dell’attuale presidente, Joe Biden, di non andare a votare, perché così avrebbero avvantaggiato Donald Trump. La robocall ha portato all’apertura di un’indagine. Si è poi scoperto che la voce di Biden era stata ricreata attraverso gli strumenti di intelligenza artificiale della società ElevenLabs.

Nello stesso periodo in Maryland, non distante dal New Hampshire, a generare scompiglio era stata invece la registrazione della voce del preside di un liceo che faceva commenti razzisti e antisemiti. Anche in quel caso era poi venuto fuori che la registrazione era un fake, e anche in quel caso era partita un’indagine.

(Un paio di settimane più tardi, invece, gli eredi di George Carlin, comico statunitense morto nel 2008, hanno fatto causa ai creatori di un video podcast intitolato Dudesy per avere realizzato – senza permesso – un episodio con una versione di Carlin generata tramite l’AI. È poi emerso che in realtà la puntata era stata scritta e narrata da esseri umani proprio in modo da risultare scritta e narrata da un’IA.)

I deepfake audio, ossia voci sintetiche che impersonano qualcuno, sono sempre più pervasivi e pericolosi. In vista delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti si sta parlando molto di regolare a livello legislativo l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa. Una recente decisione della Commissione federale per le comunicazioni ha reso illegale la tecnologia di clonazione vocale utilizzata per le truffe via robocall.

Il fatto è che creare deepfake audio è facilissimo, e pure molto economico. I risultati sono incredibilmente realistici. Infatti, accorgersi di ascoltare dei fake è piuttosto complicato. Spesso sbagliano addirittura i software costruiti apposta per individuarli.

Intanto le voci sintetiche sono usate sempre più spesso anche nel mondo dei podcast, per esempio per realizzare traduzioni in diverse lingue, oppure per convertire testi in audio.

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