Numero del 15 marzo

Podcast vs altri media

Negli anni Quaranta del secolo scorso, il Federal Radio Education Committee commissionò una ricerca alla Princeton University per capire se, come alcuni pensavano, la radio sottraesse lettori ai giornali. Dal report emerse che non solo la radio non era un sostituto dei giornali, ma che in alcuni casi era anzi uno stimolo a leggerli.

Cosa sta succedendo invece con i podcast? Pare che negli Usa (dove sono arrivati a rappresentare la quota record del 20% del tempo dedicato all’ascolto, anche se nelle aree rurali continua indisturbatissimo il primato della radio) stiano progressivamente sostituendo il consumo di altri media, tra cui tv e persino social. Vale per tutte le generazioni, ma soprattutto per la Gen Z e i Millennial.
Sempre negli Usa e sempre nelle stesse fasce d’età, i podcast sono anche il mezzo d’informazione che negli ultimi quattro anni ha registrato la maggiore crescita di fiducia.

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Un caso studio pubblicato da Sesamy, piattaforma per la monetizzazione dei contenuti digitali nata a Stoccolma, mostra l’efficacia di applicare un paywall parziale ai podcast per convertire gli ascoltatori in abbonati del media che produce i podcast in questione. Il caso studio riguarda Kvartal, la principale testata indipendente svedese: da quando i suoi podcast sono dietro paywall il 15,8% dei nuovi abbonati alla rivista è passato attraverso i podcast (prima era il 6,8%).

Tra le realtà che applicano lo stesso sistema ai propri podcast c’è anche Tortoise Media. Di recente la testata britannica ha fatto sapere che i suoi podcast ottengono tra 1,5 e 3 milioni di download al mese.

Il podcastmercato e il dominio dei videopodcast

Rimaniamo negli Usa, dove si moltiplicano gli accordi tra varie società di podcasting. Oltre alla crescita di Lemonada Media (che tra le altre cose ha iniziato a lavorare con Meghan Markle) e a un rinnovato dinamismo in generale anche tra le case di produzione indipendenti (come Campside Media), spicca l’interesse sempre più forte per i podcast talk, e in particolare per i videopodcast talk. Tra questi c’è New Heights di Travis e Jason Kelce (il primo è il fidanzato di Taylor Swift), appena nominato podcast dell’anno agli iHeart Awards.

Un caso che mi ha colpito è quello di Acquired di Ben Gilbert e David Rosenthal. I due, ex colleghi in una società di venture capital, pubblicano mensilmente un episodio di tre o quattro ore in cui analizzano una grande azienda tech, con circa un milione di dowload per episodio. Il prezzo di partenza per una sponsorizzazione di sei mesi è di 500 mila dollari: il main sponsor paga 750 mila di dollari.

Ben Gilbert e David Rosenthal

(Intanto The Joe Rogan Experience è tornato su YouTube, dove anni fa era diventato famoso. È successo dopo la fine dell’accordo di esclusiva con Spotify, che tra le altre cose ha innescato il ritorno delle canzoni di Neil Young sulla piattaforma svedese: il cantante aveva deciso di lasciare Spotify perché la società non aveva preso posizione contro alcuni contenuti di JRE contro i vaccini anti Covid.)

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Lasciando da parte la prateria per lo più piuttosto noiosa dei videopodcast, in generale ho la sensazione che ci sia un po’ di stagnazione a livello di format. L’altra grande categoria di podcast sfornati a tutto spiano sono le serie narrative in cui l’host ha un qualche tipo di coinvolgimento emotivo con la storia che racconta.

Da questo punto di vista, il progetto più sorprendente e interessante che ho ascoltato negli ultimi tempi è Totale di Jonathan Zenti, che ha preso in prestito struttura, linguaggio e toni dei varietà televisivi per costruire un prodotto audio non solo di alto spessore intellettuale, ma anche molto innovativo.

Segnali di ripresa

Dopo una fase di sfacelo collettivo, nel quarto trimestre 2023 le principali società che si occupano di podcast hanno registrato una crescita dei ricavi.

E per il 2024 ci sono già segnali di miglioramento del mercato pubblicitario: Spotify e Acast prevedono che quest’anno raggiungeranno per la prima volta la redditività attraverso i podcast.

L’espansione degli audiolibri

Spotify negli Usa rappresenta già il secondo distributore di audiolibri (dopo Audible). Da quando la società – solo pochi mesi fa – è entrata nel settore, il mercato statunitense è cresciuto del 14% rispetto all’anno prima. Di recente Spotify ha lanciato un abbonamento che permette anche agli utenti gratuiti di ascoltare gli audiolibri (per ora disponibili solo nei Paesi anglofoni).

Intanto Dreamscape Select, servizio di pubblicazione di audiolibri, ha avviato una collaborazione con Realm, società di podcast, per distribuire audiolibri nei canali dedicati ai podcast e viceversa. Questo potrebbe significare che sentiremo presto le inserzioni pubblicitarie anche negli audiolibri?

Info utili per podcaster

✍️ Su Apple Podcasts sono disponibili ora le trascrizioni, scaricabili.

💸 Spreaker ha introdotto il Supporters Club, funzione che consente agli ascoltatori di sostenere i loro creator audio del cuore attraverso un abbonamento.

💡 Torcha ha lanciato una call for ideas per chi ha un’idea di podcast.

🏆 Torna Il Pod.⁠ Le iscrizioni sono aperte fino al 15 aprile. L’evento si svolgerà il 7 luglio a Piacenza.

🎙 Il progetto “Migration Sounds” raccoglie suoni di migrazioni da tutto il mondo.

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