Lo stato dei podcast nel giornalismo italiano

Era il 2017 quando il New York Times lanciò uno dei primissimi podcast quotidiani di notizie al mondo, The Daily (qui puoi leggere la mia intervista a Theo Balcomb, ideatrice e cofondatrice del podcast). Poche testate allora usavano i podcast come strumento per fare informazione. Oggi, invece, è raro che un giornale non produca almeno un podcast. Anche in Italia.

Qualche mese fa ho preparato un questionario e l’ho sottoposto ai responsabili podcast di alcune delle principali testate giornalistiche nazionali in Italia, cartacee e/o online: Il Corriere della Sera, le testate del Gruppo Gedi (La Repubblica, La Stampa, L’Huffington Post in primis), i giornali del Gruppo Monrif (QN e Il Giorno), Il Sole 24 Ore, Il Messaggero, Il Fatto Quotidiano, Avvenire, Il Giornale, Il Foglio, Domani, La Verità, Libero, Il Manifesto, La Gazzetta dello Sport, Il Post, Linkiesta, Fanpage, LifeGate e Open. Ho coinvolto anche la principale agenzia italiana, l’Ansa, fonte d’informazione fondamentale per molte testate.

È ormai chiaro che tutti i giornali hanno iniziato a guardare con interesse al mercato dei podcast. È però complicato capire quante energie le varie realtà stanno dedicando a questo settore, con quali risultati e con quali difficoltà. I vari dati emersi dal questionario – che ho anonimizzato e aggregato – aiutano a comprendere meglio la situazione attuale. Ringrazio tutte le persone che hanno risposto con pazienza alle mie quasi 40 domande.

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Cominciamo!

LE RISORSE UMANE
• Dal questionario è venuto fuori che la metà dei giornali si appoggia a realtà esterne per realizzare i propri podcast (i giornali del gruppo Gedi da questo punto di vista si trovano in una situazione particolare, dal momento che alla produzione dei podcast delle varie testate possono partecipare anche One Podcast e Gedi Visual). Gli aspetti su cui più testate chiedono supporto sono l’editing e il montaggio (64%), le musiche e il sound design (55%) e la registrazione (45%).
• Per quanto riguarda le testate della restante metà, la maggior parte ha massimo una o due persone che si occupano di podcast internamente. Il 14% ha fra tre e cinque persone dedicate e il 9% tra sei e dieci. Il numero di persone interne non è direttamente proporzionale al numero di dipendenti del giornale.
• I tre quarti dei giornali interpellati si appoggiano a dei collaboratori. La metà ne coinvolge tra tre e cinque per podcast.

I PODCAST PRODOTTI: DA QUANTO E DOVE
• I due quinti dei giornali, ossia la fetta più grande, hanno iniziato a produrre podcast due anni fa (quando è scoppiata la pandemia di Covid). Oltre un terzo ha iniziato da un anno o meno. Meno di un quarto aveva iniziato pre pandemia.
• La larga maggioranza (77%) distribuisce i propri podcast sulle app free. I restanti li distribuiscono in parte sulle app free e in parte su abbonamento.

I PODCAST PRODOTTI: QUANTI SONO
• Due quinti hanno prodotto tra tre e cinque podcast, oltre un quarto più di dieci. I giornali che hanno prodotto oltre dieci podcast sembrano avere costruito una squadra consolidata (tra interni ed esterni) per la realizzazione dei podcast. Per quanto riguarda la restante fetta, circa il 14% ne ha realizzati tra sei e dieci e circa il 18% un paio.
• I tre quarti prevedono di aumentare in futuro il numero di podcast prodotti. Il restante quarto per lo più non ha fatto previsioni.

I PODCAST PRODOTTI: TIPOLOGIE E CADENZA
• Rispetto ai contenuti, quelli su cui hanno puntato più testate sono gli approfondimenti su tematiche varie (73%), seguiti dalle storie di persone o luoghi (59%), notizie e attualità in generale (45%), interviste (41%), talk (36%) e inchieste (36%).
La metà delle testate ha dei podcast daily (a cadenza quotidiana), che nel 92% dei casi raccontano notizie e l’attualità in generale. Quasi i quattro quinti di chi NON li realizza non lo fa perché al momento non ha le risorse, un quinto perché ritiene che ce ne siano già troppi. I due quinti di chi al momento non ha podcast daily prevede di farne in futuro.
• Sono invece i tre quarti ad avere podcast a cadenza settimanale, soprattutto su notizie e attualità (53%), ma anche su tematiche sociali (23%), sport, economia/finanza e scienza/ambiente (tutti e tre al 18%).

FACT CHECKING
Per quasi il 70% il lavoro di fact-checking per i podcast è equivalente a quello che viene fatto per gli articoli scritti e per altri format giornalistici. Per il 18% è minore e per il 14% maggiore.

AUDIENCE
• Per quanto riguarda gli ascoltatori, rispetto ai lettori (che per il 60% dei giornali sono in prevalenza uomini) emerge un più diffuso equilibrio tra uomini e donne (50-50 per il 60%). In generale gli ascoltatori di podcast risultano inoltre più giovani dei lettori (l’audience più diffusa è quella dei millennial).
• Solo tre quarti dei rispondenti analizzano i propri dati di ascolto, e per la larga maggioranza di questi tre quarti emergono risultati positivi.

INVESTIMENTI E MONETIZZAZIONE
Il 70% non sa se gli investimenti nei podcast aumenteranno in futuro. Per il restante 30% la risposta è sì, mentre nessuno ha detto che la direzione certa è quella di NON aumentare gli investimenti.
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