Amazon scorpora podcast talk e serie narrative, e smantella Wondery
Nella riorganizzazione hanno perso il lavoro circa 110 persone, soprattutto tra quelle che si occupavano di podcast narrativi. Wondery continua a esistere all’interno di Creator Services, nuova divisione dedicata ai podcast talk condotti da famosi come Armchair Expert di Dax Shepard e New Heights dei fratelli Kelce (Wondery distribuisce entrambi dall’estate 2024). I contenuti narrativi sono invece passati sotto Audible, piattaforma di produzione e distribuzione di audiolibri e podcast su abbonamento che Amazon ha comprato nel 2008 per 300 milioni di dollari. È la stessa cifra che Amazon ha speso nel 2021 per comprare Wondery, casa di produzione di podcast lanciata nel 2016 da un ex dirigente di Fox. Wondery ha realizzato alcune serie audio narrative di grandissimo successo; di alcune, come Dirty John o Dr. Death, sono stati creati adattamenti televisivi.
Le serie audio narrative possono portare prestigio, ma hanno tempi di realizzazione più lunghi e costi di produzione più elevati rispetto ai videopodcast talk condotti da talent. Le serie narrative con un tot di puntate hanno anche un periodo di monetizzazione pubblicitaria più breve rispetto ai videopodcast talk che possono andare avanti potenzialmente all’infinito.
Dopo l’epoca d’oro dei podcast narrativi iniziata nel 2014 con Serial, è proprio sui videopodcast che si sono spostati i consumi e soprattutto gli investimenti pubblicitari negli ultimi anni. E le grandi piattaforme stanno cercando di competere su questo fronte con YouTube, che è sempre più usata per il consumo di (video)podcast.
📺 Negli Usa il 77% degli utenti che si avvicinano per la prima volta ai podcast afferma di aver consumato un videopodcast, contro il 69% degli ascoltatori di vecchia data. Allo stesso tempo, l'88% degli utenti più di vecchia data continua a preferire i contenuti solo audio, contro il 75% dei nuovi consumatori (fonte).
«YouTube è l’elefante nella stanza», ha detto a Hollywood Reporter Josh Lindgren, responsabile del reparto podcast della CAA (Creative Artists Agency). «Tutti pensano ai videopodcast. E le persone reagiscono in modi diversi». Ma Lindgren è anche convinto che «non è una questione di o l’uno o l’altro. Il successo dei videopodcast non va a discapito di quello dei podcast solo audio».
Amazon scommette che queste due categorie richiedono modelli di business diversi. «Non aveva più senso tenerli sotto lo stesso tetto», ha detto in un’intervista al New York Times Steve Boom, vicepresidente di Amazon responsabile dei settori audio, Twitch e giochi. Per i podcast narrativi «la persona che racconta la storia non è il prodotto: il prodotto è la storia». I videopodcast sono l’opposto: tutto ruota attorno al talent, ai loro fan e al loro potenziale di franchising.
I videopodcast talk di Amazon saranno trasmessi in streaming su Prime Video, i loro prodotti saranno venduti sul sito web di Amazon, appariranno agli eventi di marketing dell’azienda e nelle campagne pubblicitarie. I podcast narrativi solo audio invece guadagneranno principalmente attraverso gli abbonamenti.
🔪 Chi ha ucciso i podcast narrativi? La risposta la dà il giornalista e podcaster Eric Benson su Rolling Stone. In breve: li ha uccisi il capitalismo delle piattaforme tech, che prima li ha gonfiati artificialmente e poi li ha abbandonati quando non erano abbastanza redditizi.
Una startup produce 3.000 episodi di podcast alla settimana con l’AI
La startup si chiama Inception Point AI ed è stata cofondata nel 2023 dall’ex direttrice generale di Wondery Jeanine Wright. Come ha raccontato Hollywood Reporter, la società ha già lanciato oltre 5.000 podcast condotti da 50 personalità AI, come Claire Delish, esperta di cucina, Nigel Thistledown, esperto di spazi verdi, o Oly Bennet, che si occupa di sport insoliti. Da settembre 2023 i podcast di Inception Point AI, distribuiti sotto il cappello del network di podcast Quiet.Please, hanno totalizzato 10 milioni di download.

Ogni episodio viene creato in circa un’ora, al costo di un dollaro: grazie all’inserimento di pubblicità programmatica, per raggiungere il profitto bastano appena 20 ascolti. A occuparsi dei contenuti sono quattro degli otto dipendenti, che selezionano gli argomenti con l’aiuto dell’AI sulla base delle tendenze di Google e dei social media.
📚 Un rapporto di Dosdoce.com sostiene che utilizzando l'AI i costi di produzione degli audiolibri si potrebbero ridurre del 50%. Per produrre un audiolibro ci vorrebbero pochi giorni, ma per arrivare a questo punto serviranno ancora due o tre anni.
Secondo Jeanine Wright nel futuro prossimo metà della popolazione mondiale sarà frutto dell’intelligenza artificiale: «E noi siamo l’azienda che sta dando vita a queste persone». D’altra parte, Inception Point AI non considera i propri podcast come un sostituto dei conduttori umani, ma come un altro tipo di podcast che – a detta del cofondatore Josh Taylor, direttore della produzione – «possono approfondire aspetti che gli esseri umani potrebbero non voler approfondire».
Ciò non toglie che, come riferisce sempre Hollywood Reporter, la società stia riflettendo sulle implicazioni etiche di creare conduttori con l’AI. Ogni host si identifica come AI all’inizio degli episodi e finora si è evitato che i conduttori inventassero le proprie storie personali.
Diversi attori del mercato hanno chiesto che, in generale, chi genera contenuti con l’AI sia più trasparente possibile al riguardo e che le piattaforme consentano di esplicitare questa informazione con chiarezza.

Il New York Times chiude la sua app Audio
L’app era stata lanciata nel maggio 2023 e ospitava podcast e contenuti audio vari, tra cui alcuni di editori esterni come il New Yorker. Viene eliminata perché l’audio è ora così integrato nell’app principale di notizie che, secondo il New York Times, un’app separata non serve più. L’app News ha infatti una sezione “Listen” e presenta podcast e audio accanto agli articoli tradizionali. «Ora il giornalismo audio è diventato così centrale nell’attività del Times da meritare un posto di primo piano», ha detto ad Adweek Sam Dolnick, vicedirettore responsabile del New York Times.
La decisione riflette anche il dilemma fra creare piattaforme proprietarie o incontrare il pubblico dove già si trova (ossia principalmente su Spotify e YouTube). «L’idea di un pubblico “audio” separato sta scomparendo», ha commentato ad Adweek Ben Berentson, vicedirettore dell’agenzia tech Code and Theory. Il Times manterrà il proprio archivio podcast completo nell’app principale, ma non includerà più contenuti di editori esterni.
Taylor Swift annuncia il nuovo album nel podcast del fidanzato, che fa il record di views
L’episodio di New Heights di Jason e Travis Kelce (Travis è il futuro marito di Swift, nonché un giocatore di football americano) con ospite la cantautrice ha registrato quasi 9 milioni di visualizzazioni su YouTube in 12 ore.
La scelta di Taylor Swift di usare il podcast per annunciare l’album è in linea con quella di diverse altre star e di sempre più politici, che si sentono più a loro agio nel comunicare e raccontarsi attraverso i podcast che attraverso le tradizionali interviste giornalistiche. Per molti podcaster infatti creare un’atmosfera intima e rilassata è più importante del rigore giornalistico. Questo elemento ha reso i podcast più appetibili per i responsabili delle relazioni esterne rispetto all’opportunità di comparire sulle copertina di un magazine, dal momento che offrono maggiore controllo narrativo alle celebrità e in un formato più rapido da produrre.
D’altra parte, come ha segnalato Bloomberg sorprendentemente l’episodio di New Heights con Swift non aveva pubblicità host read (cioé quelle a cui dà voce l’host del podcast, più redditizie di quelle lette da speaker terzi), ma solo pubblicità programmatiche. Le possibili spiegazioni: la presenza di Swift potrebbe essere stata a sorpresa, senza che ci fosse tempo di organizzare sponsorizzazioni premium; oppure il team di Swift potrebbe aver rifiutato brand non allineati ai suoi accordi commerciali.
I podcast live vanno sempre meglio
Come riporta Bloomberg, negli Usa solo tre degli spettacoli di Alex Cooper, l’host di Call Her Daddy, lo scorso anno hanno incassato oltre mezzo milione di dollari, con quasi 10 mila biglietti venduti. I due spettacoli dal vivo del podcast Acquired nell’ultimo anno hanno incassato 700.000 dollari. Kill Tony, podcast comico distribuito da Netflix, di recente ha riempito due volte il Madison Square Garden di New York, una delle arene più famose al mondo, vendendo una media di 19.000 biglietti nelle due date, con un guadagno di 3,8 milioni di dollari.
Il margine di profitto di un podcast dal vivo è molto più alto rispetto a un concerto nella stessa sede. I podcast live possono fruttare centinaia di migliaia di dollari a serata e gli eventi richiedono costi generali molto inferiori (niente ballerini di supporto, band o effetti pirotecnici). Ora gli agenti dei podcaster ricevono chiamate da persone da ogni parte degli Stati Uniti con richieste del tipo: «I nostri clienti vogliono un podcast dal vivo, che cosa potete venderci?».
YouTube lancia strumenti per creare clip di videopodcast in automatico
Le nuove funzioni sono basate sull’AI e verranno lanciate nei prossimi mesi, innanzitutto negli Usa. Permetteranno di trasformare i videopodcast in clip e YouTube Shorts e di generare video a partire da contenuti solo audio. L’obiettivo è competere con TikTok e Instagram e aumentare coinvolgimento degli utenti nella piattaforma principale.
Il 46% degli utenti TikTok adora i podcast, contro il 30% dei non utenti. «Questo dato me lo spiego forse con l’invasione di videopillole dei vari podcast italiani avvenuta negli ultimi anni proprio su TikTok», scrive Francesco Oggiano nella sua newsletter Digital Journalism, dove ho trovato il dato. «La piattaforma, che forse più di tutte si presta al posting in massa di contenuti, è stata ritenuta da molti videopodcaster uno degli sbocchi più efficaci dove diffondere massicciamente clip per trovare nuovi pubblici».
🚨 Al tempo stesso Ashley Carman mette in guardia come i video brevi potrebbero cannibalizzare il pubblico dei podcaster. La giornalista ritiene infatti che la strategia per promuovere i podcast attraverso videoclip su YouTube & Co. sia rischiosa: il resto, ossia il podcast in sé, potrebbe risultare come un “riempitivo”.
Il pubblico dei podcast in Cina è sempre più grande, ma ancora non paga
Si prevede che dai 700.000 ascoltatori di cinque anni fa quest’anno si arriverà a 150 milioni. Molti podcaster operano da studi improvvisati ed evitano i temi sensibili per non incorrere nella censura statale. Nonostante i rischi, il medium attrae i creator per la sua intimità conversazionale, ma la popolarità crescente potrebbe portare controlli più severi da parte delle autorità.
Ma anche in Cina la monetizzazione resta problematica. Il mercato pubblicitario vale appena 479 milioni di dollari nel 2025 (ossia circa il 2% del mercato globale). I podcaster cinesi lavorano part-time e hanno scarsi ritorni economici.


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