In che modo le innovazioni tecnologiche impattano sulle modalità in cui si fa informazione e ci si informa nel mondo? E come si sta evolvendo il rapporto tra cittadini e giornalismo?
Sono le domande a cui il Reuters Institute for the Study of Journalism prova a trovare risposta attraverso il sondaggio online che ogni anno dal 2012 commissiona a YouGov. È il sondaggio su cui si basa l’annuale Digital News Report, redatto dal centro di ricerca di Oxford stesso.
Con gli anni il rapporto è diventato sempre più ambizioso.
Innanzitutto, di volta in volta è stato preso in esame un numero di Paesi sempre più alto: nel 2012 i Paesi coinvolti erano cinque (Uk, Usa, Francia, Germania, Danimarca), quest’anno 48 (con campioni da circa 2.000 persone per ciascuno).
Non solo. Mano a mano che sono emersi nuovi mezzi di informazione e nuove tecnologie, sono state aggiunte nuove domande e nuove opzioni di risposta per intercettare il loro uso da parte della popolazione.
Rispetto alla rilevanza crescente dell’audio parlato on demand, mi sembra significativo che una delle novità del sondaggio 2025 riguardi proprio i podcast.
In precedenza la ricerca indagava il consumo mensile di podcast di qualsiasi tipo. Quest’anno invece si è scelto di concentrarsi sul consumo settimanale di podcast di notizie e attualità, anche per poterlo confrontare con quello di altri mezzi d’informazione.
E se nel rapporto 2012 i podcast erano citati solo una volta, in quello uscito a metà giugno sono menzionati oltre 300 volte.
Qui riassumerò i principali punti che il report del Reuters Institute rileva rispetto al ruolo dei podcast nella dieta mediatica della popolazione online dei vari Paesi analizzati.
Mi concentrerò soprattutto sull’Italia (il master in giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino ha realizzato un approfondimento del Digital News Report dedicato proprio al nostro Paese), per chiudere con un breve confronto tra il ruolo dei podcast di notizie in Italia e i altri Paesi.
Prima di parlare di podcast però penso possa essere utile fare una panoramica sulla relazione degli italiani con l’informazione in generale, per come emerge dal report.
Il contesto italiano
👎 Fiducia e interesse sempre più scarsi
I tre quarti degli italiani consultano le notizie almeno una volta al giorno (il 59% lo fa più volte al giorno: l’anno scorso era il 64%).
Sono però molti meno quelli che per le notizie provano interesse (il 39%, contro il 74% del 2016) e fiducia (anche qui il 39%, in linea con la media europea; ma la percentuale scende al 18% tra chi non prova interesse per l’attualità).
Un terzo degli italiani le notizie le evita proprio, in molti casi per l’effetto negativo che hanno sul loro umore (motivazione particolarmente diffusa nella fascia 18-24 anni).
💸 Bello l’online, ma chi paga?
Nel generale declino dell’uso delle fonti informative, la larga maggioranza delle persone per informarsi continua a ricorrere a fonti online (66%), anche se appena il 9% degli italiani paga per le notizie digitali, percentuale molto inferiore a quella di altri Paesi (e tra chi non paga, la grande maggioranza non lo farebbe in alcun caso).

📺 L’eterno dominio della TV
La TV, usata per informarsi su base settimanale dal 65% della popolazione, rappresenta la principale fonte di notizie per il 52% degli italiani (nel caso degli over 55 si arriva al 67%). Le fonti online – di cui fanno parte i podcast – lo sono invece per il 42%.

📱 Un terzo dei giovani si informa con i social
Tra le fonti online, i social media sono la principale fonte di notizie soltanto per il 17% dei cittadini, ma si sale al 32% per la fascia dai 18 ai 34 anni (la stessa fascia è anche quella che in percentuale maggiore usa i social come tramite per accedere alle notizie online). I social sono utilizzati per informarsi soprattutto da chi alle notizie è poco interessato.
In ogni caso, l’utente medio non accede ai social principalmente per cercare notizie e chi lo fa predilige fonti professionali e creator impegnati nella produzione di news.
🗞️ La fine della carta?
E la carta stampata? Rappresenta la fonte principale solo per il 2% delle persone. Ed è circa un italiano su dieci a consultare settimanalmente un quotidiano cartaceo (la loro fruizione – sorpresa! – è più marcata tra i 18–24enni e gli over 55 che nelle fasce intermedie).
Ultimo nell’uso dei media cartacei, il nostro Paese si distingue invece per il ricorso a testate native digitali e giornalisti alternativi. Mentre per quanto riguarda le notizie prodotte principalmente dall’intelligenza artificiale è ancora diffusa una certa sfiducia.
I podcast di notizie in Italia
E qual è il ruolo dei podcast di notizie, in questo contesto?
👯 La nicchia degli ascoltatori
Solo il 6% degli italiani ne ascolta uno settimanalmente (contro il 14% della radio). Ma la quota sale al 10% tra i giovani, all’8% tra le persone con un reddito elevato e al 9% tra chi ha un livello di istruzione alto: un profilo che in genere risulta molto attraente per gli editori. In ogni caso i podcast giocano per lo più un ruolo complementare nella dieta mediatica delle persone, mentre sono la principale fonte d’informazione per una quota microscopica, l’1%.

🔍 L’approfondimento paga (?)
D’altra parte, il 71% di chi li ascolta ritiene che aiutino a comprendere i temi trattati in modo più approfondito rispetto ad altri tipi di mezzi di informazione.
Il 37% sarebbe disposto a pagare “un prezzo ragionevole” per i podcast di notizie che apprezza di più, e la quota sale ben al 53% tra gli under 35.
👂 Le app più usate per l’ascolto
I podcast si ascoltano soprattutto su grandi piattaforme: Spotify in testa (46%) seguita da YouTube (39%). RaiPlay Sound, al 13%, è la quarta più usata, appena dopo Amazon Music (15%).
I podcast di notizie nel mondo
In parte quello che abbiamo visto sui podcast di notizie in Italia vale anche per gli altri Paesi. Il loro ascolto rimane un’attività di nicchia un po’ dappertutto, anche se con percentuali diverse.

Le differenze tra i Paesi presi in esame sono evidenti.
I dati del Reuters Institute indicano per esempio che negli Usa ora consuma podcast di notizie ogni settimana una percentuale di persone simile a chi legge un giornale o rivista stampata (14%) o a chi ascolta notizie e attualità alla radio (13%).
Anche i Paesi nordici come Danimarca, Svezia e Norvegia hanno mercati di podcast di notizie ben sviluppati, ma la radio tradizionale rimane molto più importante lì (con una copertura media settimanale di notizie del 33%).
In altre parti del mondo – quali Argentina (4%) e Giappone (3%) – il mercato dei podcast è invece in fase nascente.
🎬 I videopodcast di notizie hanno senso?
Nel report c’è anche un’interessante riflessione su quanto valga la pena una versione video dei podcast di notizie. In diversi Paesi YouTube è sempre più usata anche per il consumo di podcast di notizie e tra i podcast d’informazione più popolari alcuni sono videopodcast. E così molti brand giornalistici si chiedono se dovrebbero seguire questa tendenza.
Un focus della ricerca che ha studiato il consumo dei podcast di notizie negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Norvegia suggerisce di procedere con cautela, per almeno due ragioni.
1) Mentre nei podcast di intrattenimento la personalità del conduttore è fondamentale – la gente vuole vedere le espressioni facciali, le reazioni, l’abbigliamento – nel giornalismo la situazione è diversa. Gli ascoltatori di news cercano principalmente informazioni accurate e analisi approfondite, non il carisma del presentatore. Questo è particolarmente vero in Europa: qui si preferisce un approccio più imparziale rispetto agli Stati Uniti, dove le personalità mediatiche hanno un ruolo più rilevante.
2) Inoltre, i podcast giornalistici vengono spesso ascoltati in situazioni dove guardare un video è impossibile o scomodo: mentre si guida, si cucina, si fa sport. E questa flessibilità è uno dei maggiori vantaggi del formato audio. I podcast rappresentano un formato unico nel panorama mediatico proprio per il modo in cui si integrano nelle routine quotidiane delle persone.
💰 La sfida della monetizzazione
Dal focus su Usa, Uk e Norvegia emerge anche un’incoraggiante disponibilità a pagare, come abbiamo già visto nel caso dell’Italia: circa il 46% negli Stati Uniti, il 39% nel Regno Unito e il 41% in Norvegia si dichiarano disposti a sostenere economicamente i podcast che apprezzano. D’altra parte, gli ascoltatori di podcast giornalistici mostrano un interesse per le news significativamente superiore alla media (71% contro 45%).
Tuttavia, la monetizzazione attraverso pubblicità e sponsorizzazioni presenta dei limiti. I podcast giornalistici faticano a competere con quelli di intrattenimento o sportivi per quanto riguarda i ricavi pubblicitari, e l’investimento complessivo in questo settore rimane una frazione minima rispetto ad altri media audio.
Per questo motivo molti editori stanno utilizzando i podcast come strumento per fidelizzare il pubblico e incentivare abbonamenti al brand nel suo complesso.
Quello che emerge chiaramente è che le persone sono disposte a pagare principalmente per l’approfondimento. La chiave sembra essere offrire contenuti unici, esclusivi e di alta qualità: giornalismo investigativo, discussioni con esperti, analisi che vanno oltre la copertura standard delle notizie.
L’unicità del conduttore può essere un fattore importante, soprattutto negli Stati Uniti, dove alcuni ascoltatori si dicono disposti a pagare specificamente per seguire le loro personalità preferite.
Tuttavia, le motivazioni economiche rimangono complesse e dipendenti dal contesto. Il pubblico mostra una certa resistenza generale al pagamento per contenuti informativi, pur rimanendo aperto a formule creative come episodi singoli a pagamento o contenuti bonus esclusivi.
🌎 Qualche caso interessante
- Brasile: i principali giornali del Paese (Folha de S. Paulo e O Estado de S. Paulo) stanno affrontando la digitalizzazione anche attraverso la creazione di un’ampia gamma di podcast. Un recente sondaggio dell’Associazione Brasiliana dei Podcaster ha stimato il numero di ascoltatori di podcast a quasi 32 milioni, con i video che rappresentano il 42% della produzione di contenuti.
- Danimarca: qui il mercato dei podcast di notizie, fortemente dominato da DR (la radiotelevisione di stato danese), appare già saturo, tanto che c’è chi ha chiuso i propri. Tuttavia, le ambizioni degli editori rimangono alte.
- Filippine: solo un anno fa la più grande organizzazione mediatica del Paese, GMA Network, lanciava il suo primo podcast di notizie, Philippines Today. Oggi il 12% dei filippini utilizza i podcast per accedere alle notizie (ricordo che la media è del 9%).
- Germania: nella strategia dell’industria dei giornali tedeschi per passare dalla stampa al digitale ci sono anche i podcast. Per esempio, il settimanale nazionale Die Zeit ha lanciato un abbonamento che dà accesso a tutti i podcast a pagamento dei suoi media brand.
- Grecia: dopo un periodo in cui si sono affermati come fonte di intrattenimento, commedia e contenuti di lifestyle, gli editori hanno iniziato a creare podcast di notizie. Organizzazioni giornalistiche come To Vima, Kathimerini e LiFO hanno sviluppato i propri podcast di attualità. D’altra parte, i podcast incentrati sull’intrattenimento e sul lifestyle rimangono i più riusciti.
- Irlanda: qui utilizza i podcast come fonte di notizie settimanale il 12% degli intervistati. Tra gli ascoltatori, il 47% afferma di essere disposto a pagare per i propri podcast preferiti. Tuttavia, l’unico podcast di una redazione irlandese a comparire nella top 10 generale di Spotify, dove il 49% degli ascoltatori irlandesi trova i podcast, è Crime World del tabloid Sunday World.
- Messico: cresce la gamma di contenuti offerti attraverso i podcast da giornalisti noti. Un esempio è Así las cosas (Così stanno le cose) condotto da Carlos Loret de Mola, ex corrispondente di guerra e conduttore televisivo.
- Norvegia: il mercato dei podcast norvegese ha visto un continuo consolidamento, con NRK (la società di radiodiffusione pubblica norvegese) e i giornali VG e Aftenposten come principali attori locali. Le piattaforme più utilizzate dai norvegesi sono l’app NRK Radio (63%), Spotify (45%) e YouTube (23%): in generale, i principali editori cercano di indirizzare gli utenti verso le proprie app, anziché verso quelle di terze parti. Schibsted, multinazionale norvegese di media e tecnologia, fa molto affidamento sulla propria piattaforma basata su abbonamento, PodMe.
- Portogallo: in seguito alla crescente popolarità dei podcast tra il pubblico portoghese, all’inizio del 2025 la società di ricerche di mercato Marktest ha lanciato la prima classifica di podcast certificata del Paese, iniziativa sostenuta dai quattro principali editori di podcast. I dati raccolti solo per il primo mese mostrano che gli ascoltatori portoghesi hanno scaricato un totale di 12,8 milioni di episodi di podcast.
- Stati Uniti: qui molti podcast di news ora sono filmati e distribuiti tramite piattaforme video come YouTube e TikTok. Il terzo più popolare è The Joe Rogan Experience: un quinto del campione statunitense – tra cui un grandissimo numero di giovani uomini – ha detto che nella settimana successiva all’inaugurazione della presidenza di Donald Trump si è imbattuto in notizie o commenti di Joe Rogan.
- Svezia: l’ultimo premio “innovazione dell’anno” dell’Associazione dei Media Svedesi è andato al podcast Daily Arabic, sviluppato dal quotidiano Aftonbladet e dalla media agency Alkompis e rivolto alla comunità di lingua araba in Svezia. Aftonbladet seleziona contenuti dai suoi podcast e utilizza l’IA per la traduzione in arabo, che viene poi verificata dallo staff di Alkompis.
🔗 I link ai report citati
-Il Digital News Report 2025
-Il Digital News Report 2012
-Il Digital News Report Italia 2025
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